Il 13 novembre del 2017 non dovrà mai essere dimenticato. L’Italia viene sconfitta nel playoff dalla Svezia e non si qualifica per il Mondiale, per la prima volta dopo sessant’anni, anche se è impossibile paragonare quel flop con l’attuale. È stato il più grosso fallimento di una nazionale italiana, probabilmente non solo nel calcio. Si è trattato di un’umiliazione, senza giri di parole. Il problema è che al risultato del campo si sono aggiunti i commenti del post-partita, un post-partita che durerà almeno otto mesi.
Non ci addentriamo in analisi tattiche o tecniche, non è quello che ci interessa al momento. La cosa che più rattrista è notare come, a cadavere ancora caldo, ci sia chi ha avuto il coraggio di vilipendiare la Nazionale e l’Italia intera dando la colpa del tracollo ai troppi stranieri. Per quanto la stampa sportiva italiana sia deprecabile, stavolta c’entra il giusto, salvo qualche sparuto episodio. A gettare la croce su chi arriva dall’estero sono stati politici e giornali che normalmente non dovrebbero occuparsi di pallone. Siamo in campagna elettorale, è evidentemente tempo di sciacallaggio.
Ci sono due livelli di lettura della colpa per il fallimento azzurro. Un primo, intuibile, è scaricare tutto addosso a Ventura e indirettamente a Tavecchio (ma più Ventura che Tavecchio, mai i giocatori). Un secondo, strumentale, è dare contro agli stranieri.
«Troppi stranieri in campo, dalle giovanili alla Serie A, e questo è il risultato. #STOPINVASIONE e più spazio ai ragazzi italiani, anche sui campi di calcio». Ormai questa frase la conoscete tutti, è di Matteo Salvini. Per chi non lo sapesse, quest’uomo è leader della Lega Nord e appassionato di pallone. Appassionato non significa esperto, su questo siamo tutti d’accordo.
Giorgia Meloni invece è a capo di Fratelli d’Italia e, anche se non sembra, scrive editoriali a proposito di calcio. Il suo pensiero è preciso, il che non significa che per forza sia razionale: il problema del calcio italiano è dato dai troppi stranieri, sia nelle prime squadre sia nelle giovanili. Va capita, è ancora euforica per la vittoria di domenica a Marzabotto.
Il Tempo si definisce quotidiano indipendente, ospita le opinioni di Giorgia Meloni e pubblica in prima pagina la foto di Buffon e Totti assieme alla coppa del mondo e allo striscione “Fieri di essere italiani“. È lo stesso striscione che tanto clamore suscitò nel 2006 per la presenza di una croce celtica. Questo piccolo dettaglio è stato tolto dalla prima pagina, ma sarebbe passato comunque in secondo piano, dato che il titolo è “L’Italia agli italiani“. «Della debacle del calcio italiano va incolpato il grande nemico del nostro calcio: i troppi stranieri» scrivono, utilizzando per altro un concetto non italiano (“debacle” è francese).
Abbiamo scelto tre esempi, tutti e tre calzanti, ma ce ne sono a bizzeffe. Fatevi un giro tra i social e leggete le opinioni di quelli che credono di contare qualcosa: se di calcio se ne occupano solo in campagna elettorale e non hanno mai messo piede in uno stadio, state sicuri che danno la colpa agli stranieri. Perché? Perché è facile, comodo, gratuito e non dà diritto di replica. Chissà come mai, sospettiamo che con “stranieri” non intendano Dybala, Kalinic o Mertens, forse più Asamoah, Kessié o Diawara. Ma forse siamo noi che la pensiamo male, ecco.
Dire che la nazionale non andrà al Mondiale perché ci sono troppi stranieri è come ammettere che la politica italiana è migliorata da quando Salvini e Meloni sono scesi in campo, oppure che il giornalismo può beneficiare di prime pagine argute e ragionate come quella de Il Tempo.
La squadra di profughi azzurri non ha deragliato per colpa di Jorginho o Eder. Lo ha fatto perché la guida tecnica si è mostrata non all’altezza del compito richiesto, quando il gioco si è fatto duro. In più la vecchia guardia ha voluto prendere il sopravvento e ha fatto quello che è stata in grado di fare negli ultimi dieci anni quando si è spostata dai patri confini: perdere.
Prendete i 27 convocati dell’Italia per la doppia sfida con la Svezia. L’unico ad aver vinto un trofeo continentale è Darmian, l’anno scorso in Europa League con il Manchester United. Buffon, Barzagli, Chiellini, Bonucci e Rugani hanno giocato nella Juventus finalista in Champions League per due volte (Rugani una) e sconfitta in entrambi i casi. Ammesso e non concesso che alcuni ancora nel fiore degli anni, ben 26 su 27 non hanno mai vinto niente in carriera in ambito europeo (l’unico ad aver vinto lo ha fatto con un’inglese, se si allarga il discorso a prima del 2007 Buffon ha una Coppa UEFA col Parma); in 21 su 26 non si sono nemmeno mai avvicinati a una semifinale. Colpa degli stranieri? Non proprio.
E allora di chi è la colpa? Chi glielo va a dire a Salvini, a Meloni, a Il Tempo, che se la prendono con l’obiettivo sbagliato? Chi fa loro presente che l’Italia è in media con le altre grandi leghe europee in quanto a stranieri in campo? Chi è disposto a prendere un almanacco e mostrare loro la quantità di non italiani nel 2005-06? Chi fa vedere a questi soggetti il calcio del Sassuolo tutto italiano, tutt’altro che un gioco spumeggiante?
Addirittura c’è chi – Salvini – ha preteso di ripartire come a suo tempo fece la Germania, oppure la Francia. La Germania è una nazionale multiculturale modello, quelli che Salvini chiama tedeschi in Germania sono quelli che gente come lui si rifiuta di chiamare italiani in Italia. La Francia ha vinto il Mondiale ’98 e Euro 2000 quando ha capito che bisognava aprirsi. Il raffronto tra Francia-Bulgaria del 1993 e Italia-Francia del 2000 è notevole.
Una volta per tutte, la colpa non è degli stranieri, neppure nei settori giovanili. Semmai, se vengono fuori nazionali così scarse e indolenti, è colpa della maleducazione. Nei vivai non ci sono tecnici specializzati, nella maggior parte delle volte. Questo non significa che lo Staffoli o la Casa Culturale San Miniato Basso debbano per forza essere allenati da Oddo o Adani. Ma è vero anche che sarebbe l’ora di non affidarsi più a personaggi che insegnano a vincere in maniera subdola, a ingannare, a insultare. Gente che arrotonda insegnando ai ragazzini come atteggiarsi e non come giocare.
Prendete una tv locale qualsiasi, ha sicuramente una trasmissione calcistica: lì troverete l’ex professore di educazione fisica o l’ex collaboratore di Tizio che vorrà insegnarvi come si tirano su i ragazzini. Sono persone che la sanno lunga, vedono il calcio com’era cinquant’anni fa quando bastava una pasticca nel caffè per vincere. Nessuno educa al calcio, nessuno dà un dettame tattico a dei ragazzetti.
Sono gli stessi personaggi che aggiustano le partite dei 13enni e chiamano “goliardate” le discriminazioni. Anche gli insulti a sfondo razziale sono per colpa degli stranieri? Indirettamente sì, se non ci fossero gli stranieri non ci sarebbero gli insulti. Battute a parte, i “ne*ro di merda” fioccano sulle bocche di ragazzi, allenatori e genitori alle partite dei più piccoli. Mancanza di educazione, ecco qua.
E poi ci sono gli stranieri comprati per interesse, perché costano meno. Chi vede nel calcio ancora un modo per arricchirsi se ne frega del vivaio, si affida ai procuratori che prendono una vagonata di stranieri a buon prezzo e li rivendono come campioni. Ma anche in questo caso la colpa non è di un giocatore che arriva dall’estero, è del faccendiere o del procuratore che fa la tratta.
In Federazione che dicono, è colpa degli stranieri? Ci mancherebbe solo una loro accusa. Tavecchio era un impresentabile e ha vinto due elezioni. Ha fatto come Berlusconi, è riuscito a far coesistere sotto la sua ala i comunisti e la destra. Ha fatto cambiare idea all’irreprensibile Agnelli, ha sostenuto Infantino e Ceferin, ha appoggiato qualsiasi cambiamento. Ora è impossibile dargli torto, si passerebbe da voltagabbana. Eppure lui resta lì, fermo, stranieri o non stranieri. Un cambiamento totale senza un cambio di nomi totale non è un cambiamento totale, ma ci siamo abituati.
Sia ben chiaro, per quanto possa sembrare strano il futuro è roseo. Abbiamo giovani interessanti (Chiesa, Donnarumma, Bernardeschi) e altri giocatori in erba importanti, peraltro figli di migranti: Claud Adjapong è un esterno di belle speranze, Moise Kean non sarà simpaticissimo ma già segna. Basta solo concentrarsi su quanto di buono abbiamo, tornare a tirar su i nostri giocatori e imparare davvero dalla Germania e dalla Francia, non solamente a parole. Ventura cadrà nell’oblio, Tavecchio non sarà ricordato come Artemio Franchi, i giocatori in campo in Italia-Svezia passeranno alla storia come le vittime del ct-mostro, e tra quattro anni probabilmente andremo in Qatar da favoriti.
Ma, per favore, non ci venite a dire che la colpa del tracollo sono gli stranieri. Così facendo, rendete ufficiale una cosa: la colpa è solamente vostra.
NOTA: questo pezzo nasce da una riflessione pubblicata pochi giorni fa su calcionews24.com, questo il link dell’articolo. Tra i credits vale la pena citare ‘La rielezione silenziosa’ di Fulvio Paglialunga, un tweet di @Ibradiagne31 e l’articolo di FourFourTwo sugli under 20 migliori al mondo. Sulla tratta dei giovani consigliamo la bellissima puntata della trasmissione ‘Antidoping’ di Rai Sport condotta da Alessandro Antinelli. Il titolo dell’articolo è, invece, una citazione di Daniele Luttazzi. Staffoli e San Miniato esistono e sono in Toscana.