Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

You’ll never work alone.

Come Jamie Carragher, anche Robbie Fowler nasce tifoso dell’Everton. C’è uno strano filo che lega le leggende del Liverpool contemporaneo, e quel filo è blu come la maglia dei rivali storici. Si potrebbe parlare di beffa ma risulterebbe banale, sarebbe più realistico lodare le capacità degli scout dei Reds: sia Carragher sia soprattutto Fowler vennero scartati dagli osservatori dell’Everton e non misero mai piede a Goodison Park come calciatori, se non da avversari. A Fowler quello non lo hanno perdonato, hanno provato a dargli contro e a mettere in giro le voci di una sua dipendenza da cocaina ma ormai tutti sanno come è andata a finire. Un rigore ben tirato sotto la curva dell’Everton e una sniffata alla linea bianca laterale. Quattro turni di squalifica, un’altra storia.

Fowler un traditore non lo è mai stato, c’è chi ha cercato in ogni modo di mettergli addosso quell’etichetta ma è stato smentito dai fatti. Non ha mai rifiutato l’Everton, semmai è stato lui a esser stato tradito dai toffes, come ha sempre pensato il padre. E non ha mai tradito Toxteth, quella parte di Liverpool dove i ragazzini per strada vestono solamente di blu e poi affollano Goodison Park. Toxteth è una zona dal nome strano, sembra quasi una roba Maya, eppure è – forse – il peggior quartiere di Liverpool. Il degrado è piuttosto alto, la povertà regna sovrana: è qui che negli anni settanta viene al mondo Robbie Fowler, la cui famiglia produce operai portuali e tifosi toffee, ovviamente. Cresce attaccato al pallone, pare un predestinato ma è gracilino. La storia è sempre quella, la squadra del cuore lo scarta, lo prendono i rivali e si rivela un grandissimo.

toxteth

Fowler però è altro, non solo lo spietato attaccante che alla quinta gara in Premier League ne mette tre all’Arsenal in cinque minuti. Non è solo quella zanzara che le difese avversarie faticano a marcare. Non è solamente il nuovo idolo della Kop, che spera e crede in lui, ennesimo discendente di una lunga schiera di prime punte storiche in rosso. Non è solo God – Dio – come lo chiamano i fan dei Reds. Robbie Fowler è sempre un ragazzo di Toxteth, il quartiere proletario di Liverpool. Il mondo se ne ricorderà una fredda sera norvegese del 1997 durante una coppa che non si gioca più.

Intanto nel 1995 Liverpool è il centro della lotta operaia britannica, se così si vuol dire. Alla foce della Mersey sono molti i lavoratori scontenti, perché i padroni credono di poter fare come gli pare e di poter trattare come pezze da piedi gli operai. È il caso della Mersey Docks & Harbour Company, una delle maggiori aziende nella darsena di Liverpool. Tutto nasce da un mancato accordo sul salario: in assenza di quello, una manciata di operai non vuole fare gli straordinari e la MDHC li licenzia, di punto in bianco. La notizia è uno shock per i colleghi e ben ottanta lavoratori iniziano un picchetto, una protesta di solidarietà verso coloro che poco prima erano stati licenziati. È l’inizio di un effetto domino assurdo.

Gli ottanta operai vengono licenziati, la Mersey Docks & Harbour Company è intransigente. Succede quindi che altri trecento partecipino allo sciopero e il risultato è ancor più drammatico: trecento licenziamenti. In totale poi sono quasi cinquecento, gran parte di loro provenienti da Toxteth. La MDHC inizia a mettere annunci e a reclutare nuovi uomini, ma nessuno se la sente di prendere quel posto e di fare il crumiro.

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Tutta Liverpool si mobilita sia per salvare gli operai sia per trovare un nuovo accordo, la notizia ovviamente in poco più di ventiquattro ore fa il giro della Gran Bretagna e ottiene il supporto degli intellettuali. Il sindacato però non può fare nulla, una legge voluta dalla Iron Lady Thatcher non permette ai lavoratori di solidarizzare con gli scoperanti. Il partito laburista, con a capo quel simpaticone di Tony Blair, guarda e non favella. Lo sciopero dura anni, è uno dei più lunghi nella storia della Gran Bretagna.

Liverpool è un mare di protesta e certe voci sembrano non toccare solamente un ambito della città, i campi da calcio. Nessun giocatore ha mai fatto dichiarazioni esplicite su quello che sta succedendo tra Seaforth Dock e Prince’s Dock. Bisogna solamente aspettare una serata di marzo nel 1997 a Bergen, altra città portuale nella quale gli scioperi non sono mai durati tre anni. Forse a Bergen, in Norvegia, durano più i crepuscoli dei picchetti. Ma è qui che la storia, almeno in parte, cambia un po’. Il protagonista è il ragazzo di Toxteth, il figlio di operai, è Robbie Fowler detto God e gioca nel Liverpool.

I Reds sono impegnati in Coppa delle Coppe contro il Brann e all’andata a Anfield hanno vinto tre a zero. La semifinale è quasi scontata ma i Reds non vogliono scherzi, al Brann Stadion bisogna vincere. C’è anche un migliaio di tifosi, tra di loro pure qualche dockers che quotidianamente partecipa agli scioperi ma quella sera si è concesso un po’ di svago sotto la pioggia e al freddo norvegese. Al nono minuti il nutrito gruppo di tifosi esulta, ha segnato Robbie Fowler con un destro secco.

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Mentre tutti esultano e hanno la consapevolezza che con quel gol la semifinale è ormai cosa fatta, Fowler si discosta dal mucchio di giocatori in maglia rossa e si avvicina a una telecamera mostrando un’altra maglietta, anch’essa rossa, portata sotto quella storica e passionale del Liverpool. A prima vista si vedono solo le lettere CK, messe come quelle del logo di Calvin Klein. Eccoci, pensa qualcuno, pure Fowler si è venduto alla pubblicità, anche quel ragazzo che pativa la fame a Toxteth si è piegato. E invece no, quel CK lì è altro, solo mettendo a fuoco si legge bene la scritta: “Help 500 dockers sacked since september 1995“. Aiutate i cinquecento operai licenziati dal settembre 1995.

La partita finisce uno a uno, il Liverpool va in semifinale dove è eliminato dal PSG. Fowler vince la classifica capocannonieri di quella coppa lì, ma c’è altro. Il centravanti inglese viene multato dalla UEFA, deve pagare 2000 franchi svizzeri e lo fa col sorriso sulle labbra, a quanto pare. Non si possono veicolare messaggi politici in campo, dice il massimo organo calcistico europeo, che però grazie Steve McManaman, anche lui nato a Liverpool e anche lui con la maglia CK davanti alle telecamere a fine partita.

Più avanti si scoprirà anche che God – quel Dio con la maglietta rossa e il cerotto nasale – ha donato in segreto qualche somma ai lavoratori portuali in sciopero. Fowler paga, Fowler si prende il sostegno del suo popolo, Fowler è dalla parte dei lavoratori, Fowler non è un traditore.

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