Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

RNK Split, non dire una parola che non sia d’amore.

“Come hai detto che ti chiami, eslavo?”

Ante, compagno.”

“E cosa ci fai qui ad Alicante a farti sparare nel culo? Sei con Daki e gli sloveni?”

“No, compagno. Siamo quelli di Spalato. Siamo quelli che giocano a pallone, compagno.”

A dirvi la verità me li sono sempre immaginati così i ragazzi di Spalato. Con uno spagnolo stentato a dover spiegare con una sigaretta in bocca la storia di quello Split che aveva deciso di privarsi dei migliori talenti per mandarli a sparare contro i fascisti in Spagna e che aveva espulso dal club quelli rimasti in squadra sperando di farne un lavoro.

Vede signore, vorremmo iniziare ad esser pagati per le nostre partite, come tutti, come quelli dell’Hajduk“.

“Chi vuole può andare a fare oggi stesso un provino per l’Hajduk. Vi auguro di venire presi, perché da noi non vedrete un soldo. Noi siamo socialisti”. 

Mi immagino che queste storie tirassero un sacco tra i compagni spagnoli, o quantomeno servissero per socializzare. Male che vada imparavi a esprimere qualche concetto in spagnolo.

Ogni volta però dovevano partire dall’inizio, perché quello che aveva appena ascoltato la storia andava a chiamarne un altro. Ante partiva sempre dal bigliettino di Simun Rosandić, che ormai sapeva500px-Anarh a memoria. Simun aveva 18 anni quando fondò il club. Lui e i suoi amici erano adolescenti spalatini a Praga per studiare, e da tempo avevano in testa di metter su il primo club calcistico di Spalato. Quando tornano a casa con il diploma una brutta sorpresa: da un anno Spalato ha già un club. Si chiama “Hajduk” e, ironia della sorte, anche i ragazzi dietro questo club studiavano a Praga. Simun e gli altri sono decisi adesso a creare una loro realtà che vada ben oltre il lato calcistico e sfidare l’Hajduk su tutti i fronti. Il nome? Nessuno di loro ha dubbi, si chiamerà Anarh e le divise saranno nere. Parole che dicevano “gli uomini son tutti uguali”, mi vien da pensare. La chiara impronta anarchica della squadra però trova l’ostruzione delle segreterie imperiali che avevano l’incarico di ufficializzare il tutto. Ufficialità che arriverà un anno dopo, insieme al foglietto di cui parlavamo prima.

Noi alunni della Scuola Artigianale abbiamo deciso di fondare un club calcistico. Giochiamo per diletto, ma anche in segno di protesta contro ogni male. Il nome l’abbiamo scelto perchè ci pareva il migliore, perchè racchiude in sé anche qualcos’altro; cosa? Ebbene, almeno a questo ci pensino gli altri!

L’ostruzionismo dell’Impero era niente però in confronto a quello delle altre squadre: nessuno ha voglia di condividere anche solo un rettangolo di gioco con dei sovversivi, con degli anarchici. Troppo pericoloso. Per i primi due anni non c’è nessuna squadra contro cui giocare. Poi scoppia la guerra e ci sono cose più importanti a cui pensare.

Passano gli anni, torna la pace e finalmente l’Anarh può giocare la sua prima partita proprio contro l’Hajduk. Finisce 11-0 per i rivali cittadini. Bene Split-kalendarma non benissimo.

La seconda partita, sempre contro l’Hajduk, è emblematica nella storia dei rossi: vantaggio Hajduk, e fin qui tutto normale. Poi arriva, non si sa bene come, il pareggio dell’Anarh. Pubblico e giocatori impazziscono di gioia, poi si accorgono che l’arbitro si era inventato un fuorigioco che neanche i giocatori dell’Hajduk si erano sognati di reclamare. I ragazzi in maglia nera hanno capito come funzionano le cose ed escono dal campo senza scomporsi, abbandonando quella farsa. Quelli dell’Hajduk si innervosiscono e vola un pugno, che sfocia ovviamente in una rissa pazzesca. La situazione dopo essersele date di santa ragione si calma in un modo che solo in quel determinato contesto era possibile: il terzino dell’Anarh si mette a discutere con il regista dell’Hajduk del soggetto rivoluzionario nella visione marxista e in Stato e anarchia di Bakunin: quella che era una rissa bestiale si trasforma in un pacifico e partecipato comizio politico nel mezzo di un campo dacalcio al sessantesimo minuto di un derby interrotto per violenze. Poi qualcuno ha da ridire sul materialismo dialettico e parte un altro pugno che implica un’altra rissa. A riportare la calma ci deve pensare la polizia.

Per la polizia di Spalato la rissa di quel giorno è la famosa goccia che fa traboccare il vaso. “Questo è fare politica, non sport“, dice il commissario. Inizialmente si pensava ad un’esclusione dalla Federazione, poi fortunatamente ci sono andati più leggeri: andava cambiato il nome. Presto fatto, anche perché a dirla tutta lo spirito anarh non era più quello di un tempo. Ora c’è il movimento operaio che infiamma i soci della squadra. Il nuovo nome sarà Jug, “sud”. Un nome che con il senno di poi fa riflettere.

Quello che succederà dopo sarà il periodo più triste nella storia del club. Nel paese iniziarono a formarsi svariati movimenti anticomunisti e per la squadra simbolo di questo pensiero la vita fu difficilissima: dai pestaggi ai giocatori ai processi farsa per reati inventati, dai divieti di lavoro all’episodio simbolo di questo periodo. Nella notte del 20 luglio 1921 la sede di via Plinarska venne data alle fiamme e dello Jug non rimase più niente. Dopo il divieto di partecipare ad ogni competizione come apice della persecuzione i dirigenti e i giocatori rimasti emigrarono nel JŠK Borac, dove misero su una delle squadre più forti che quelle terre abbiano mai conosciuto. Per ogni avversario era una condanna, tranne che per uno: il solito Hajduk, che si salvava sempre grazie a qualche fantomatica irregolarità che garantiva a “bianchi” la vittoria per 3-0 a tavolino.

rnksplit

La parentesi del Borac si concluse con la riorganizzazione di una società che portasse fieramente il nome di Spalato, lo Split. Contemporaneamente però in Spagna scoppia la guerra civile e buona parte dei giocatori si arruolarono per combattere i franchisti, ma questa storia l’ho già raccontata. Con quei pochi che tornarono dalla Spagna nel 1939 riuscirono a conquistare di nuovo l’accesso al campionato nazionale maggiore, ma la squadra decise all’improvviso di sciogliersi volontariamente per consentire a tutti i giocatori e i dirigenti di unirsi al partigiani di Tito, unico caso nell’intera Jugoslavia.

La storia dello Split continua tra promozioni in prima serie, biscotti, retrocessioni, fallimenti e conquiste europee. Tra sfide contro il Fulham e il Torino in Europa e classifiche a pari punti con l’Hajduk.

Continua parlando di calcio, ma a noi interessava parlare d’amore.

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3 Comments

  1. Dario Marzo 1, 2016

    Bellissimo articolo, citazione di Annarella compresa!

  2. Sonnie Maggio 30, 2017

    Tornando al calcio, senza dimenticare l’amore, la sfida con il Torino ha rappresentato il picco della storia dello lo Split (come lo chiamano da queste parti). Dopo una retrocessione sul campo annunciata, con tanto di stipendi non pagati nell’ultimo anno, è notizia di questa settimana la mancata concessione da parte della federazione della licenza per partecipare alla Prva Liga o alla Druga Liga (rispettivamente equivalenti della Serie A e della Serie B croata). Si ripartirà dalla Treća. “We will back” annunciano simpaticamente i “Crveni Ðavoli”, storici supporters del club. Speriamo l’attesa non sia troppo lunga.

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