Il mondiale del 1974 è stata una montagna russa per i cuori dei comunisti di tutto il mondo.
Si gioca in casa del padrone.
Il padrone cade grazie al goal di Jurgen Sparwasser.
Il proletariato è fatto fuori da Paesi Bassi, Argentina e Brasile.
Il padrone, quello già sconfitto, in realtà vince.
Il padrone vince grazie ad un Compagno.
Fermiamoci qua. “Il padrone vince grazie ad un Compagno”. Venticinque minuti sul cronometro di gara, rigore per la Germania Ovest nella finale contro i Paesi Bassi.
Sul dischetto va il Compagno Paul Breitner, capelli afro e Mao nel cuore. Rincorsa, tiro secco e goal. La Germania Ovest è campione del mondo.
Il mondo, dopotutto, è pieno di compagni che sbagliano.
Balliamo il ballo delle masse
tra promesse di svolte e di riscosse rosse
e siamo tutti artisti
poveri cristi
e futuri ex comunisti.
Il Compagno Paul Breitner è un arcigno terzino del Bayern Monaco, lo stesso Bayern Monaco di Beckenbauer, e in quella che era ancora solo una parte di Germania era uno dei più forti del paese. Con la maglia della Repubblica Federale vince un Europeo nel 1972 ed il Mondiale del ’74. Lo stesso Mondiale giocato in casa del padrone (casa del Compagno Paul Breitner), in cui Sparwasser batte il padrone (il Compagno Jurgen Sparwasser batte il Compagno Paul Breitner), in cui il proletariato esce sconfitto, quello in cui il padrone (il Compagno Paul Breitner) vince e quello che il padrone (il Compagno Paul Breitner) vince grazie ad un Compagno (il Compagno Paul Breitner).
Il Compagno Paul Breitner infatti oltre a terzino sinistro era un grande amante dei testi di Mao Tse Tung e di Marx, una cosa che mai ha negato. Anzi, non si sottraeva a foto mentre sfoggiava il Libretto Rosso o a pettinature molto “militanti”. Per tutti infatti era “Der Afro“.
Dopo la vittoria del 1974 però inizia la decaduta del Compagno Paul Breitner che forse però, col senno di poi, Compagno non lo era mai stato. Ci sentimmo tutti traditi quando Paul Breitner, non più il Compagno Paul Breitner, e il suo Libretto Rosso si trasferirono a Madrid per giocare nel Real, la squadra di Francisco Franco, e a chi glielo fa notare risponde che sì vabbè la politica è importante, ma il calcio di più. Tu quoque.
Paul Breitner venne fuori per quello che era. Non un fascista mascherato, più probabile un venduto, ma soprattutto una puttana. La puttana del padrone.
Nel ’77 segue la moglie nel ritorno in Germania e, dopo una breve esperienza a Braunschweig, torna al suo Bayern Monaco. Torna da quei tifosi che tanto l’avevano amato, ma che ormai erano soltanto i fischi che lo assordarono durante Real Madrid-Bayern Monaco di Coppa dei Campioni.
La carriera di Paul Breitner continua con un fantastico lavoro come leader di quel Bayern, con una rinuncia al Mondiale argentino per protesta contro il regime di Videla ed una finale persa nell’82 dove riuscirà soltanto a segnare il goal dell bandiera. Complimenti Paul, ma noi siamo in cerca di altro.
Dopo quella finale si ritira dal calcio e adesso lavora come osservatore nel Bayern Monaco.
In seguito firmerà un contratto di sponsorizzazione con un marchio di un dopobarba e per pubblicizzarlo si taglierà quella barba che sempre era stato un implicito segnale di militanza.
Peccato. Sarebbe stato divertente.