Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

David Babunski la pensa diversamente.

Il Barcellona un tempo sponsorizzava l‘Unicef, adesso sulla maglia ha una compagnia aerea di sceicchi ultramilionari. Una volta dava rifugio a ribelli del mondo del calcio come Cruijff o Maradona, ora si diverte con le capigliature di Neymar. Anni addietro essere del Barcellona, giocare nel Barcellona, era un sentimento differente: il Barca è la squadra che è stata osteggiata dal Franchismo – si è vista negare Di Stefano, questo potrebbe bastare – e che ha saputo fare di questa sua eccezione ed eccezionalità un vanto, un orgoglio da portare sulla pelle. Il Barcellona era contro, era rivoluzione.

Adesso invece è la squadra che il bimbetto pettinato di turno prende alla Play Station perché piena di eroi positivi e amorfi, è quel club che saccheggia giovani giocatori in giro per il mondo e si vede negare sessioni di calciomercato, non è più rivoluzionario, non è nemmeno hipster. La decadenza dei valori, nel calcio e in società, ha colpito uno dei team più leggendari. Ma non del tutto, fino a pochi giorni fa è cresciuta in seno ai catalani una mosca bianca. Una mosca rossa, anzi: David Babunski.

David Babunski non è un fenomeno. Ha fatto tutta la trafila nelle giovanili blaugrana dove è entrato quando ancora era minorenne ma sul finire dello scorso gennaio si è trasferito alla Stella Rossa, altro club del quale ci sarebbe da parlare ampiamente, ma sarebbe un’altra storia. Gioca come trequartista o come ala sinistra e il fatto che stia a sinistra alcuni possono vederlo pure come un segno del destino. A marzo compirà ventidue anni, ha la doppia nazionalità spagnola e macedone e con i Leoni Rossi ha già esordito ben tre anni fa.

David Babunski FCBCos’ha di particolare allora questo Babunski, giocatore dal cognome che sembra uscito da un film dei fratelli Coen? Ha sfruttato male la chance al Barcellona, è giovane e gioca come ala, fin qui niente di speciale. Per capire però fino in fondo che personaggio sia Babunski bisogna andare al di là del terreno di gioco. Bisogna sbirciare il suo profilo Twitter, recuperare le pagine del blog scritto anni or sono, fermarsi – se si è fortunati – a parlare con lui in un caffè di Belgrado o del Raval.

Babunski è un pensatore, non è un giocatore. Certo, dirà qualcuno, facile comportarsi così quando si viene da una famiglia di calciatori e il conto in banca lo risana il Barcellona; di sicuro non è una vita difficile la sua, ma in un’epoca di calciatori stereotipati, di figure bidimensionali, Babunski è una piacevole anomalia.

Partiamo dalla persona: sa di non essere brutto e ci gioca molto, conosce la visibilità che offre il suo ruolo e la sfrutta in pieno, ma lo fa con una certa originalità. E qui si arriva al suo pensiero: studia filosofia, si definisce filosofo e calciatore, nella sua piattaforma Skyself dice di voler cercare la verità. Si professa di sinistra, ha ideali molto simili a quelli di Podemos, attacca il potere e dice di sentirsi sempre vicino al popolo.

Un esempio, il Barcellona B affossa il Sabadell in campionato e lui esulta su Twitter con una foto di gruppo di squadra affiancata a quella di Podemos appunto e scrive “Vittoria del popolo contro la corruzione“.

Altro esempio, sostiene la popolazione greca durante la crisi e scoppia in un grido di gioia quando Syriza vince le elezioni. Si fa promotore di politiche ecologiche, attacchi alle multinazionali, polemiche con le industrie farmaceutiche: dove vede anche un pizzico di capitalismo, ci si getta e morde. Lo fa alla sua maniera, che è a metà tra un counselor olistico e un narciso, ma almeno si dà da fare e mostra di avere un’idea. Accontentarsi è sbagliato, ma ben vengano giocatori di ventidue anni che hanno un’idea politica ben definita e esprimono le loro idee.

Per Babunski una partita non è fatta di episodi, lo vedrete commentare un match sulle sue piattaforme ma mai con banalità trite e ritrite. Piuttosto posterà l’ennesimo attacco o messaggio di sostegno a una coalizione popolare in qualche parte del mondo, citerà un filosofo a caso e parlerà della ribellione che il 95% della popolazione mondiale – quella povera, ovviamente – deve fare contro il restante 5%.Schermata 2016-02-13 alle 23.44.46

L’ultimo barlume di ribellione del Barcellona stava (e starà, forse, se i blaugrana lo richiameranno a fine stagione) in David Babunski. Un 22enne che va in giro con la Citroen C3 e la usa il meno possibile per non inquinare, viene chiamato dai compagni Il Socrates della Masia e non ha paura a dare dell’idiota a chi lo governa. A ventidue anni c’è chi è già un calciatore finito e si fa la cresta e le sopracciglia per la discoteca più alla moda, Babunski invece passa il natale ad aiutare i refugees.

Non sarà un Paolo Sollier o un Angel Cappa, è molto più simile a Ivan Ergic ma è più sicuro di sé: ce ne fossero però di giocatori con principi così solidi come Babunski. Gente libera di pensarla diversamente.

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1 Comment

  1. Dario Febbraio 16, 2016

    Condivido al 100% l’incipit.
    Anche per me il Barca era uno “strumento di opposizione” e da ragazzino mi piaceva molto perché era simbolo di Qualcosa.
    Qualcosa di speciale.
    La Catalogna e tutto il resto.
    Oggi in effetti è un club molto diverso da com’era.
    Era “differente” allora, ora incarna pienamente il calcio (ed il mondo) d’oggi.
    Tra l’altro non è ben chiaro il ruolo dello sponsor nella situazione geo-politica internazionale attuale.
    O forse è pure troppo chiaro.
    Non conoscevo la storia di questo baldo giovincello di 22 anni: certo non somiglia molto ai suoi colleghi.
    Mi piacciono le sue idee.
    Mi piace ancora di più che ne abbia – di idee – e che le voglia esprimere in un contesto totalmente disconnesso dall’utilizzo delle facoltà cerebrali.
    Spero per lui che abbia talento sufficiente per farcela: potrebbe fare pubblicità (!) ad un modo “altro” di vivere questo sport.
    Complimenti per il sito, ragazzi, veramente.
    Con tutta la mia stima ed il mio affetto.

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