Parte seconda – Always Anti-Fascist, quando gli ultras di New York salvarono la MLS dai neonazisti
Per comprendere al meglio le vicende che, negli ultimi mesi, hanno visto protagonista il movimento ultras nordamericano in uno scontro durissimo sulla questione dell’antifascismo e della libertà di espressione con la federazione e le proprietà, da una parte, e i gruppi suprematisti e nazionalisti dall’altra, bisogna andare alle origini.
Raccontare la nascita e l’affermarsi del collettivo, poi gruppo ultras, che ha delineato molte delle modalità e delle identità di tanti gruppi odierni nelle curve della MLS: l’Empire Supporters Club dei New York MetroStars, ora NY RedBulls.
L’Empire Supporters Club di New York è certamente cambiato parecchio da quando molti dei suoi membri erano attivisti di ispirazione socialista e anarchica, la cui principale preoccupazione era evitare che gli spalti dello stadio non fossero occupati da gruppi di fascisti o elementi di estrema destra. L’ESC è ancora sugli spalti, proprio come all’esordio del campionato nel 1995; sono cambiati il nome della squadra e la proprietà, ma loro sono ancora sulle gradinate. Che siano quelle della Red Bull Arena o del vecchio Giants Stadium, per loro l’importante è cantare e supportare sempre.
Fondati da esponenti dei collettivi socialisti di NY, nel 1995, come esito di un’analisi politica che aveva visto il calcio come un importante componente dei movimenti politici di sinistra in Europa, l’ESC e i suoi componenti ritenevano che gruppi simili dovessero essere presenti e attivi intorno a qualsiasi nuova squadra di calcio professionistico fosse sorta a New York City.
Prima della nascita dei MetroStars, New York era orfana dell’ultima formazione cittadina, i Cosmos, ormai scomparsi da un decennio, ma la voglia di calcio non mancava, soprattutto tra le cosiddette “scene” alternative. In molti ad esempio seguivano i New York Centaurs, che giocavano la A-League; il gruppo ultras che li sosteneva, la New York City Firm, era stato fondato da un anarchico e molti dei suoi componenti erano membri della Red and Anarchist Skin Heads, la RASH, nata nel 1993 proprio nella Grande Mela come gruppo skinhead antirazzista e antifascista espressione della scena street punk cittadina.
L’ESC era stato immaginato come una sorta di organizzazione di coordinamento delle varie anime dei tifosi dei MetroStars, incorporando tra l’altro, dopo che i NY Centaurs si erano fusi con un’altra squadra, la New York City Firm. Questa scelta orientò l’agire del gruppo soprattutto grazie ai membri della RASH, che connotarono i tifosi dei MetroStars come fortemente antifascisti all’interno di una comunità di appassionati di calcio già di orientamento anarchico e socialista.
Certo non tutti erano attivisti o particolarmente politicizzati, ma un’attitudine anarco-socialista prevaleva in una massa eterogenea di pazzi indisciplinati che comunque, come tifosi, si riconoscevano nel gruppo. Sulle gradinate si ritrovarono skinhead, marines, veterani antimilitaristi, latinos, ultras immigrati dell’est Europa ma anche famiglie con bambini, ragazzi che venivano dalle fabbriche del Jersey e molti fra quelli che seguivano la scena ska, northern soul e street punk newyorkese.
Da subito fu chiaro che l’esigenza generale di tutti era rendere lo stadio dei MetroStars non agibile ai razzisti ed ai fascisti; alcuni gruppi concordarono che non sarebbero stati ammessi nazisti alle partite della squadra, e che loro stessi avrebbero fatto quanto necessario perché fosse così.
I membri più politicizzati dell’ESC avevano ben chiaro che la destra stava usando il calcio, a partire dalla metà degli anni ’90, come piattaforma e terreno di reclutamento in gran parte dell’Europa e del Sud America, cosa che stava accadendo anche a NY nella scena punk rock locale. Erano preoccupati che la stessa cosa potesse accadere nella nascente MLS, ed in particolare al Giants Stadium.
Timori che furono confermati alla seconda partita casalinga dei MetroStars, quando allo stadio si presentò un gruppo di neonazisti del South Jersey. L’ESC quel giorno era preparato allo scontro; fu soltanto con un confronto violento che alla fine venne cacciato dalle gradinate il gruppo di estrema destra, a cui fu impedita di fatto ogni forma organizzata e l’agibilità politica nella nascente Lega.
Chiaramente né i MetroStars né la MLS ringraziarono l’ESC per avere evitato l’infiltrazione dei gruppi neonazisti; focalizzati sulla costruzione di un nuovo mercato legato al calcio non compresero, o non vollero comprendere, che ci fosse una anche componente politica negli stadi e che le gradinate fossero diventate un campo di battaglia. Bisognerà aspettare la nascita del New York City FC per avere gruppi strutturati con forti elementi di estrema destra, resisi protagonisti dal 2015 di incidenti e scontri con tifoserie antirazziste e antifasciste.
In realtà anche l’ambiente del Giants Stadium era del tutto impreparato per trattare con un gruppo ultras, un concetto totalmente nuovo per molti, dal front office del club ai classici tifosi degli eventi sportivi americani.
Ultras che continuavano a rompere la testa ai nazi incuranti della security dello stadio o che contestavano rumorosamente gli shootout, calci di rigore in movimento utilizzati per decidere le partite finite in pareggio nei primi anni della MLS, sperando che il loro disgusto per questa regola si sentisse anche nella diretta televisiva. I membri dell’ECS erano infatti inizialmente mescolati con i tifosi abituali e ci vollero diverse partite dei MetroStars per capire che il gruppo ultras aveva bisogno di un proprio settore.
Se i MetroStars erano una squadra mediocre tra i dieci club della lega appena nata, i loro tifosi al contrario suscitarono subito una grande impressione. Anche in questo caso, l’ESC fu fortemente influenzato dall’Europa, ma è indubbio che abbia contribuito a disegnare la struttura e le modalità per i futuri gruppi ultras della MLS: cori ripresi da quelli degli stadi di Regno Unito, Italia, Argentina e Spagna, striscioni, fumogeni e bandiere ed una sana irriverenza contro tutti e tutto. Loro il primo ‘You Suck, Asshole’, figlio di un’attitudine “teppista” e politicamente scorretta volta a sostenere la squadra in ogni modo e forma, con qualunque idea e azione passasse loro per la testa. L’idea che la security del Giants Stadium, i MetroStars o la MLS avessero l’autorità di poter stabilire come sostenere la squadra ere ridicola: questa sensibilità anarchica pervase tutto il gruppo fin dall’inizio e costituì il modello per chi sarebbe venuto dopo.
Oggi questa partecipazione politica si è certamente erosa, soprattutto perché la maggior parte dei leader e dei membri originari dell’ESC è fuori dallo stadio, tuttavia l’atmosfera inclusiva e ribelle è sopravvissuta e si è diffusa codificando una vera “cultura” di riferimento.
La storia dell’Empire Supporters Club ha plasmato la peculiarità del movimento ultras nordamericano, creando un modello che con sfumature più o meno militanti ha pervaso lo svilupparsi e l’affermarsi del fenomeno soccer e del tifo che lo segue.
Certo nel panorama non mancano gruppi che si richiamano alle esperienze dell’hooliganismo o delle barras bravas, di per sé molto identitarie, o quelli più aderenti alle esigenze ed ai dettami della Lega e delle società sui comportamenti da mantenete durante l’evento sportivo. È però altrettanto evidente che il conflitto duro sorto negli ultimi anni e intensificatosi in questi mesi sui temi dell’indipendenza dei gruppi e dell’antifascismo è chiaramente legato alla genesi, all’esperienza e al carattere ribelle del gruppo ultras di NY. Una banda di attivisti, migranti, esponenti delle scene musicali, giovani e irregolari che trovarono un “modus” adeguato al contesto sociale metropolitano e sociale in trasformazione, e che come primo importante esito impedì all’estrema destra di appropriarsi degli stadi e di un movimento appena nato.
Un seme che sarebbe germogliato e prosperato dando vita ad un movimento ultras combattivo e consapevole nel tempo dell’America di Trump (fine seconda parte – continua).
A cura di Garbat.