Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

United Glasgow, per l’appunto.

21 aprile 2002, in tutta Europa si avverte una scossa di terremoto, epicentro Parigi: Le Pen e il suo Front National grazie ad un 16,9% al primo turno andarono al ballottaggio con il candidato di centro-destra Jacques Chirac e persero (82% per il Rassemblement pour la République) al secondo turno soltanto grazie ai voti di tutte le forze di sinistra o centro che, pur di evitare la vittoria dei fascisti al seguito di Le Pen dirottarono tutti i voti sul Chirac. Il peggio era stato evitato, ma non si poteva far finta di niente.

Spostiamoci più a nord-ovest, attraversiamo la Manche, tiriamo ancora diritto e andiamo a rifugiarci dove le luride mani del Fronte Nazionale non potranno mai arrivare. Scotland, land of tollerance.

Anche io ho amato Sean Connery e quello che sto per dirvi farà male, ma la cose stanno così: secondo un sondaggio condotto da The Scotsman soltanto il 46% degli scozzesi pensa che gli immigrati rappresentino una risorsa per la società, mentre quasi il 50% vorrebbe veder tornare gli immigrati al loro paese. Numeri allucinanti che non rappresentano l’opinione solo di skinhead e fascistoidi ma di tutto il tessuto sociale del paese. Era necessario ripartire e dimostrare che la vera Scozia è differente. Era necessario ripartire, e si decise di farlo dal calcio.

Nel 2011 a Glasgow nasce lo United Glasgow Football Club e Alan, il fondatore del progetto, ci spiega senza mezzi termini l’obiettivo di quella squadra: consentire di accedere ad un campo di calcio a chi non ne ha la possibilità.

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Il progetto è iniziato“, dice Alan, “perché è stato notato che molti rifugiati presenti a Glasgow erano isolati dal resto della comunità a causa del sistema di immigrazione britannico che non permette loro di lavorare o studiare e quindi abbandona soprattutto i più giovani al mondo della criminalità. Capimmo immediatamente che il metodo più efficace e diretto per l’integrazione era il calcio ma a causa dei costi elevati e dell’elevata presenza di razzismo e xenofobia del calcio dilettantistico non era semplice per loro accedere a questo contesto“, da lì l’idea di creare la squadra. In principio fu messa in piedi una squadra di calcio a 6, poi diventata in una regolare squadra a 11 regolarmente segnata alla Scottish Unity Football League.

Ma i cambiamenti in corso d’opera non si fermano al numero di giocatori in campo: “Mentre il progetto prendeva forma ci siamo subito resi conto che i ragazzi della working class scozzese vivevano lo stesso disagio. In quel momento siamo diventati una squadra “anti-discriminazione” piuttosto che un “team rifugiati”. Il nostro modo per abbattere le barriere è l’unione.”

Un’altra filosofia della squadra, paradossalmente, la troviamo in Antonio Albanese. Interpretando il personaggio Frengo durante uno sketch con un gelido Zeman, il comico lombardo-foggiano si lascia andare ad una dichiarazione d’amore al gioco zemaniano: “Il mondo non capisce che la classifica è un modo profondamente sbagliato, perché è profondamente sbagliato misurare il valore delle squadre. Primo, secondo, terzo, quarto. Ma che cosa vuol dire? Quello che conta sono i sentimenti“. Anche a Glasgow la pensano così.

“La nostra mentalità è quando raggiungi buoni risultati fuori dal campo”, e quindi quando a vincere sono i sentimenti, “puoi anche fregartene dei punti in classifica. Noi facciamo giocare tutti, e come è ovvio che sia non tutti i ragazzi che scendono in campo per la nostra squadra sono pieni di talento. In ogni caso abbiamo vinto dei piccoli tornei in Inghilterra e Irlanda, ma uno dei momenti più belli che abbiamo avuto è giocare contro l’FC Lampedusa Hamburg, squadra dal progetto simile al nostro, fuori dallo stadio del FC St. Pauli in ottobre 2013, quando abbiamo visitato per il “St. Pauli Refugee Football Summit”. In quell’occasione abbiamo conosciuto anche i ragazzi del RFC Lions di Caserta ed è nata una splendida amicizia. Il mese prossimo ci incontreremo di nuovo al meeting ad Amburgo contro l’omofobia e il razzismo”.

Glasgow però è anche Rangers e Celtic, cugini decisamente più famosi, e tutte le implicazioni che si portano dietro questi due colossi socio-calcistici. “Glasgow è famosa per il fatto che il calcio qua viene vissuto come una divisione continua e non come un’aggregazione, come invece dovrebbe essere. Celtic o Rangers, cattolici o protestanti, irlandesi o britannici. È deprimente, noi non siamo queste cose. Noi non siamo un fattore di divisione ma di aggregazione. Combattiamo le discriminazioni e le barriere perché sogniamo una Glasgow unita“.

United Glasgow, per l’appunto.

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