Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

Spero con tutto il cuore di battere la squadra di Mussolini.

Siamo a Torino, quartiere Vanchiglietta. Paolo entra a Scienze Politiche proprio nel ’68, un anno che non ha bisogno di contestualizzazioni storiche, ma ne esce dopo appena una sessione d’esami: lo stipendio del padre non basta più e Paolo entra nella FIAT. Siamo a Torino negli anni ’70. Facile, quasi scontato.

Parallelamente a questa vita, Paolo ne ha altre due. Quella di calciatore e quella di comunista.

La seconda avrà il picco massimo in un periodo particolarmente felice della prima, quindi tanto vale andare per ordine: fin da ragazzino passava la domenica pomeriggio con la casacca amaranto del Vanchiglia, squadra dilettantistica del quartiere, ma pian piano da quei campi senza pretese ne esce un centrocampista importante, che presto attira le attenzioni di squadre più blasonate degli amici del quartiere. Dopo una piccola parentesi cinzanese Paolo arriva in Serie C, prima all’Ezio Abate di Cossato e poi alla Pro Vercelli. Dopo una stagione a Vercelli attira le attenzioni del Perugia, in B. Ora è meglio parlare di rivoluzione.

Sollier PerugiaFin da giovane nella sua Vanchiglietta Paolo aveva bazzicato Mani Tese, ONG che punta alla fine dello squilibrio economico e soprattutto alimentare tra Nord e Sud del pianeta, ma con la maturità e con l’avvento del 1968 Sollier sviluppa una coscienza politica più forte e militante e rifiuta in ogni modo di lasciarla fuori dai campi da calcio.

La critica principale che mi è stata rivolta è come si conciliava la mia militanza a sinistra con i guadagni da calciatore, ma il mio era lo stipendio di un buon impiegato. Se mi sentivo un privilegiato era per un altro motivo, perché facevo il lavoro dei miei sogni, il calciatore. Una fortuna che capita a pochi.

Con la maglia del Perugia, guardatuicasidellavita proprio rossa, inaugura un rito prepartita che lo consegnerà alla storia del calcio. Del nostro calcio. Squadre al centro del campo, saluto ai tifosi, mani che sventolano, palmi che applaudono, un pugno chiuso. Un pugno chiuso? Era Paolo quel pugno, ogni santa volta. “Un gesto di solidarietà“, come lo chiamerà lui poi.

Portando il pugno chiuso in giro per tutta la penisola accolto da, a seconda della città, altri pugni chiusi o braccia tese, Sollier arriva a quello che con tutta probabilità è il punto di non ritorno, l’orgasmo puro della sua carriera. A Roma si gioca Lazio-Perugia e Sollier il giorno prima di concede a un giornalista de Il messaggero. “Parliamo di tutto: della condizione mentale del Perugia, del mister Castagner, dello schema che adotteremo a Roma, del mio stato fisico e così via, solo che prima di congedarci gli faccio una battuta stupida riferita alla Lazio: gli avrò detto un qualcosa tipo ‘Spero con tutto il cuore di battere la squadra di Mussolini’ e lui ovviamente ci fa un titolo a nove colonne sul suo giornale”.*

Ad accogliere le squadre in campo c’è tutto uno stadio contro Sollier. La partita non contava più niente, l’importante era dare una lezione a quel comunistaSoliier. Partita nervosissima, perugini presi d’assalto sugli spalti, striscioni contro Sollier, Wilson che la mette dentro a dieci dalla fine e Lazio che si porta a casa i due punti. Vabbè, ci siam divertiti.

Sempre di quegli anni è il libro “Calci e sputi e colpi di testa“, nel quale racconta e concilia la militanza in Avanguardia operaia e l’essere un calciatore professionista che gli costò un deferimento da parte della FIGC. Sennò, diciamocela tutta, che gusto c’era?

Ho incontrato pochi calciatori con i quali si parlava di politica. A Perugia c’era Raffaeli, che veniva da una famiglia iscritta al partito comunista. Poi c’erano quelli che simpatizzavano per i grupp dell’extra-sinistra come Blangero, Pagliari, Codogno, Ratti, Galasso, Montesi.

Dopo aver lasciato l’esperienza in A e il Perugia si rifugia a Rimini in B e poi un’altra serie di esperienze in Serie C con Vercelli, Biellese e Cossatese dando vita ad una carriera quasi a ritroso. Proprio a Cossato, pochi chilometri da casa sua, lascia il calcio giocato ed inizia una poco fortunata carriera in panchina, abbracciando però il progetto dell’Osvaldo Soriano Football Club, squadra della Nazionale scrittori, che tuttora allena.

 

* Riportato da calcionews24.com.

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