Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

James McClean e le cose profondamente sbagliate.

Mi raccontava Shaun, alla terza pinta, che quella è roba loro.

Parlavamo del Bogside e del Derry City, il giorno dopo mi avrebbe portato a vedere una partita al Brandywell.

Nonostante Shaun, se ben ricordo dato che eravamo già passati alla quarta, non sia proprio del Bogside ma di Creggan, respira Bogside più o meno da sempre e vedo la più pura devozione mentre ci racconta la storia dietro ai murales, ci consiglia i pub, ci racconta di come due anni fa con la stessa squadra fossero riusciti a vincere la coppa di Lega e adesso porcatroia si ritrovino a spalare merda in penultima posizione, ci fa vedere i buchi lasciati qua e là dai proiettili dell’esercito inglese o anche solo quando ci indica dove poter prelevare qualche banconota. Almeno per farci serata, dato che con un po’ meno devozione ci aveva avvertito di non girare mai da soli di notte per il Bogside.

È cosa loro, mi diceva e dicevamo.

I protestanti e gli unionisti per andare allo stadio dovrebbero necessariamente passare per il Bogside, cosa altamente sconsigliata. Tifano Linfield, Rangers o sono appassionati del campionato inglese. Mentre pronunciava Linfield e Rangers avevo paura vomitasse. Non gli è permesso appassionarsi al Derry City oppure non hanno nessun interesse ad appassionarsi ad una squadra cattolica. Se cambi l’ordine degli addendi il risultato non cambia: quella è roba loro. Anche un po’ nostra.

1989, nasci qua e per diritto di nascita questa roba è anche tua.

Cresci con un vuoto nel cuore perché diciassette anni prima di te gente venuta per distruggervi ti ha portato via 14 fratelli.

Ti bastava alzare gli occhi mentre davi calci ad un pallone per ricordartene: “Brits out! Now IRA!“, recitano decine di cartelli nel Bogside. Quella è roba tua, non degli inglesi.

Poi però arriva l’occasione della vita. Sei molto bravo a giocare a pallone e i brits ti propongono di giocare per loro. Un campionato stupendo, ma c’è puzza di inglese.

Guardi papà negli occhi, gli stessi occhi che hanno visto il terrore delle pallottole inglesi e ti sorride. Ti tappi il naso e atterri a Newcastle, 24 km da Sunderland.

Un paio di anni ai massimi livelli e poi Wigan, dove non parlerà solo il campo.

La seconda settimana di Novembre viene esposto su tutte le maglie un poppy, i papaveri che crescevano nelle Fiandre, per il Remembrance Sunday, ossia il giorno in cui si ricordano le vittime britanniche delle guerre mondiali e delle successive. James McClean, il nome del ragazzo del Bogside che alzava gli occhi e voleva scacciare gli inglesi, si rifiuta.

Caro Presidente, ho un profondo e totale rispetto per coloro che combatterono e morirono in entrambe le Guerre mondiali, ma il poppy rappresenta anche altre vittime e per la gente delle mie parti è anche il simbolo del massacro del Bloody SundaySe indossassi il poppy, la mia gente la considererebbe una mancanza di rispetto. Sono molto fiero delle mie origini e non posso fare qualcosa che ritengo profondamente sbagliato”.

James McClean

“Se indossassi il poppy, la mia gente la considererebbe una mancanza di rispetto. Sono molto fiero delle mie origini e non posso fare qualcosa che ritengo profondamente sbagliato”, scrive McClean al presidente del Wigan Whelan.

Nel frattempo James rifiuta la chiamata a rappresentare i colori dell’Irlanda del Nord per poter vestire la maglia dell’Irlanda, con al quale debutterà grazie a Trapattoni.

Mi raccontava sempre Shaun che nessuno da quelle parti tifa Irlanda del Nord. “Perché? La seguono i protestanti?“, chiesi ingenuo. “Non proprio. Per il semplice fatto che l’Irlanda del Nord non ha diritto di esistere. Al massimo si chiama Ulster“.

Sono molto fiero delle mie origini e non posso fare qualcosa che ritengo profondamente sbagliato”.

L’ultimo capitolo di questa storia, destinata ad averne molti altri, è stato scritto negli Stati Uniti d’America, dove il West Bromwich, sua nuova squadra, era per un tournée.

God save our gracious Queen!
Long live our noble Queen,
God save the Queen!

Rimbombano le note dell’inno inglese, ma James non riesce a smettere di pensare a Jackie17 anni, Patrick31, Bernard41, Hugh17, Kevin, 17, Michael17, John17, William, 19, Michael, 20, James, 22, Gerald, 17, Gerald, 34, William, 27 e John, 59. Riecheggiano nella sua testa come un tamburo “Don’t shoot! Don’t shoot!“, le ultime parole di William.

Sono molto fiero delle mie origini e non posso fare qualcosa che ritengo profondamente sbagliato”.

Tony, l’allenatore che aveva fatto di tutto per averlo al WBA, si era raccomandato: James, ci ho messo la faccia. Forse ha pensato anche a lui, ma alla fine quella cosa era profondamente sbagliata.

James volta le spalle a quella bandiera e a tutto quell’odio. Ripensa anche ai cartelli che volevano i brits out e al murales che ti informava che stavi per entrare nella Free Derry e poi ripensa ad un’altra canzone. Questa la canta, magari dentro di se. Perché questa è roba sua. Anzi, nostra.

We’re not British we’re not Saxon we’re not English
We’re Irish and proud we are to be
So fuck your union jack we want our country back
We want to see old Ireland free once more

James-McClean-main

 

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