Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

Giuro che il sole risorgerà.

La bellezza è, nella visione di tutti, quel qualcosa che si contrappone al brutto. E non è un fatto che le fa perdere valore, il doversi relazionare ad altro, non se questo confronto la eleva ancor di più quando di fronte non c’è solo il brutto, ma il brutto che si prende tutto. Il brutto che regna. Ed è a quel punto che la bellezza diventa una minaccia al regno, un regno cupo che deve rimanere tenebroso per timore che la bellezza vinca. E che la combatte con tutte le forze.

È quello che accade da due anni a questa parte all’Amedspor, squadra comunale della città di Amed, per i turchi Diyarbakir, una città storica nel cuore dell’Anatolia abitata prevalentemente da curdi. Amed è una città che da decine di secoli a questa parte, ma soprattutto nell’ultimo, ha visto e vissuto tante ingiustizie. L’Amedspor non poteva esimersi dal farsi bandiera degli oppressi, voce degli esclusi.

Se elencassimo una lista delle difficoltà che ha dovuto affrontare l’Amedspor in questi due anni, potremo pensare che Guantanamo forse non è cosi distante da noi. L’Amed infatti milita in un campionato, il secondo livello del calcio turco, dove ha tutto e tutti contro, dallo Stato alla Federcalcio, dagli alberghi alle tifoserie ospiti. Perché? La ragione è tristemente semplice.

Amed è la città che più rappresenta i curdi, e siccome i curdi sono in una situazione di repressione da parte del partito che governa la Turchia, l’AKP di Erdogan, anche l’Amedspor, per il nome e per la città che rappresenta, è ritenuta un insulto alla nazione turca e alla sua identità nazionalista.

Amed per esempio è il nome della città sì, ma in curdo, e lo stato non ha intenzione di ridare i nomi delle città alle quali ha cambiato il nome, cioè tutte quelle del Kurdistan e non solo. Il tutto faceva parte dei programmi di assimilazione e repressione dell’identità curda e per questo già dare il nome Amedspor non è stato facile. Stessa storia per i colori che il club aveva sullo stemma (giallo, rosso e verde), che son stati cambiati perché non permessi dalla Federcalcio in quanto sono i colori con i quali si rappresenta il popolo curdo, e son stati cambiati in bianco, verde e rosso. A quanto pare è ancora in atto il processo di assimilazione.

Da quando Erdogan ha deciso di finire i processi di pace con i principali rappresentanti dei curdi nel 2015, ci sono stati e ci sono ancora oggi serie persecuzioni con varie forme di violenza in tutto il Kurdistan, con migliaia di sfollati e decine e decine di morti. Per esempio, sono più di 80 i comuni sottratti al partito HDP, e il suo leader Selahattin Demirtas è ancora in carcere, come lo sono i co-sindaci della città di Amed e di moltissime altre.

Al posto dei co-sindaci, arrestati e destituiti, sono stati mandati dei governatori speciali e quello di Amed ha deciso di impedire, tra le mille cose, anche le sovvenzioni all’Amedspor dichiarando che sarà cosi  finché l’Amedspor non cambierà nome. Assurdo è dir poco.

Questi atti razzisti vanno a sommarsi alle varie multe salate da parte della federcalcio, facendo in modo che la società sportiva non possa più continuare il suo operato, tant’è che la società ha iniziato una campagna di raccolta fondi per poter continuare le proprie attività (Türkiye İş Bankası İBAN No: TR47  0006 4000 0018 3002 5552 50).

Le difficoltà e le ostilità per l’Amedspor non provengono solamente dagli ambienti istituzionali, ma anche dalle squadre avversarie. Come quando alcuni giocatori si facevano trasportare dalla vena nazionalista e al goal facevano il saluto militare, come se fossero in battaglia, o quando il tifo avversario in molte partite cantava “i martiri non muoiono, la patria non si divide”, canto nazionalista turco, arrivando perfino alle aggressioni fisiche, come quando i dirigenti dell’Amedspor sono stati picchiati dai dirigenti dell’Ankaraspor, mentre la squadra era in trasferta, facendo finire lo staff della squadra di Amed in ospedale con vistosi traumi facciali.

Per molte partite fuori casa, i tifosi han visto chiudere loro in faccia le porte dello stadio, lasciando l’Amedspor senza tifosi, a detta del Prefetto di turno per motivi di pubblica sicurezza. Molti alberghi inoltre si son rifiutati di ospitare l’Amedspor, arrivando all’assurda situazione di dover soggiornare in alberghi fuori città, come successe a Sivas quando nessun albergo della città accolse la squadra.

Striscioni come “i bambini non devono morire ma venire allo stadio” o cori per la pace nel Paese sono stati motivo di multe salatissime per la società ed arresti per i tifosi, senza parlare delle azioni tragicomiche della Federcalcio e della giustizia nei confronti di Deniz Naki, giocatore simbolo dell’Amedspor e idolo di migliaia di ragazzi.

Naki è stato portato davanti al tribunale con richieste di carcerazione per propaganda terroristica perché ha esplicitamente dedicato la vittoria della partita ai propri concittadini sui social durante i mesi di coprifuoco, dicendo: “Dedichiamo questa vittoria a coloro che hanno perso la vita e ai feriti durante la repressione nella nostra terra che va avanti da più di 50 giorni. Siamo fieri di essere un piccolo spiraglio di luce per la nostra gente in difficoltà. Come Amedspor, non ci siamo sottomessi e non ci sottometteremo. Lunga vita alla libertà!

Da quel momento non ha conosciuto pace, ha preso multe e squalifiche dalla Federcalcio, per questo la stagione precedente è stato squalificato per 12 giornate, indagato dalla magistratura e condannato in appello a 1 anno e ½ di carcere da scontare. Nonostante tutto, oggi vanta 13 goal in campionato, ed è il miglior marcatore dell’Amedspor.

Questa alla fine è la vita di chi ha scelto di non piegarsi, di fare quel che è giusto fare. Di essere quel che è giusto essere. In ogni partita dell’Amed c’è però un momento dove tutti capiscono che le multe, le incarcerazioni, i boicottaggi e le angherie non potranno mai tappare la bocca di un popolo. Ed è in quel momento che quel popolo, che quei tifosi, si stringono forte l’un l’altro tra i gradoni dello stadio e urlano contro il cielo

“ci saranno giorni migliori / la vittoria è vicina / giuro che il sole risorgerà”.

Articolo a cura di Erdal Karaman.

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