Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

Božidar Petrović, dalla caccia al pallone a quella ai fascisti.

La guerra civile spagnola è stata la guerra per eccellenza del Novecento. Passato contro progresso. Trono, Spada e Altare contro Repubblica. Una guerra fratricida consumata sotto gli occhi attenti del mondo. Dopo secoli la Spagna fu di nuovo al centro della scena mondiale. Volontari provenienti da tutto il globo infoltivano le fila delle brigate internazionali come l’oro indios arricchiva i forzieri di Filippo II.

Per l’Italia la guerra di Spagna fu il prologo del dramma che si concluse qualche anno più tardi sulle nostre montagne.

Per Fernández García fu il sacrificio in nome di una futura umanità. Morì da eroe combattendo per la propria patria. La sua patria però non era la sola Spagna repubblicana, ma il mondo intero.

In realtà, Fernández García non era nemmeno spagnolo. È vero, il nome trae in inganno, ma non furono di certo i suoi genitori a chiamarlo così. Probabilmente si tratta dell’opera di qualche burocrate comunista impegnato nella realizzazione di passaporti falsi per i miliziani diretti in Spagna. Fernández García si chiamava in realtà Božidar Petrović, detto Boško.

Petrović nasce il 7 aprile 1911 a Bela Palanka, una piccola cittadina nel sud-est della Serbia. Sin da ragazzo mostra il suo interesse per il calcio, lasciando intravedere grandi potenzialità. Terminate le scuole secondarie si trasferisce a Belgrado per iniziare gli studi universitari in legge presso l’università della capitale. A Belgrado in questi anni si dedica alle sue due passioni: calcio e politica. Si iscrive al partito comunista jugoslavo che all’epoca, come in gran parte d’Europa, operava in clandestinità. Allo stesso tempo, gioca per alcune squadre professioniste con ottimi risultati. Dopo aver militato nelle principali formazioni giovanili di Belgrado viene ingaggiato dal FK Vojvodina, dove vince il campionato regionale nel 1934. Lo stesso anno arriva la chiamata da parte di una delle squadre più importanti del paese, il SK Jugoslavija (durante l’occupazione nazista cambiò nome in SK 1913) dal quale nel dopoguerra nacque la Stella Rossa di Belgrado, per poi approdare al BFK Belgrado, affermandosi come uno dei migliori giocatori della squadra.

Nel corso della sua carriera da calciatore professionista riesce a raggiungere la nazionale jugoslava, collezionando un’unica presenza nell’amichevole persa 3-2 contro la Francia al Parco dei Principi, giocata il 16 dicembre 1934 di fronte a 37 mila spettatori.

La Francia per la maggior parte dei miliziani rappresentava una tappa d’obbligo prima di unirsi alle brigate internazionali, trovando riparo, istruzioni e passaporti falsi nelle organizzazioni antifasciste o nei partiti clandestini. Anche per Boško la Francia, dopo essere stata la terra che consacrò la sua carriera a livello internazionale, divenne il porto da cui raggiungere la Spagna.

Nell’estate 1936, poco dopo l’Alzamiento dei Generales traidores contro la Seconda Repubblica Spagnola, il BFK Belgrado è impegnato in una tournée di amichevoli a Parigi in vista della nuova stagione. Petrović, che nell’aprile dello stesso anno si era diplomato all’Accademia aerea di Novi Sad, ottenendo il diploma da pilota n. 1103 della sedicesima promozione I Reggimento aereo della Reale Forza Aerea di Jugoslavia, viene inviato a provare diversi aerei.

In questo istante decide di abbandonare il calcio, stabilirsi a Parigi e dedicarsi al volo. Se la carriera da pilota mal si conciliava con quella da calciatore professionista, non fu lo stesso con l’altra grande passione della sua vita: la politica.

Comunista e internazionalista parte come pilota volontario nelle brigate internazionali per combattere gli chacales franchisti. Il giorno di Natale, insieme ad un altro compagno jugoslavo di nome Streten Dudich, riesce ad arrivare in Spagna grazie al passaporto falso su scritto Fernández García.

Nella terra iberica viene inviato ad Albacete, dove frequenta per quasi un mese la Escuela del Aire. Terminato il periodo di addestramento viene assegnato, insieme al compagno Dudich, al Grupo Andre Malraux. Il primo incarico è la difesa della base aerea di Manises, nei pressi di Valencia. Presta servizio in questo gruppo fino al giorno di S. Valentino del 1937, quando in missione a bordo di un Breguet 19 viene abbattuto dai repubblicani. Sopravvive con varie ferite, mentre il suo compagno di viaggio e di servizio Dudich non riesce a salvarsi.

Dopo alcuni mesi di degenza per recuperare dalle ferite chiede di essere inviato alla Escuela de Alta Velocidad El Carmolí di Cartagena, dove riceve l’addestramento necessario per pilotare gli aerei sovietici Polikarpov I-15, meglio conosciuti nel corso della guerra civile come Chatos. Finito l’addestramento viene incorporato per difendere i cieli di Madrid nella Segunda Escuadrilla del Grupo 12 comandata dal generale sovietico Ivan Trifimovich Yeremenko. Nella sua prima missione riesce ad abbattere un Fiat CR-32 – gli aerei inviati da Mussolini a Franco ed utilizzati anche dalla Aviazione Legionaria composta dai volontari fascisti – e fu il primo dei suoi cinque abbattimenti, che gli valsero l’inserimento negli Ases de la Guerra Civil Española. Un altro riconoscimento che ottenne durante il suo servizio, anche se le fonti non sono concordi, è quello di essere stato il primo pilota ad abbattere un Messerschmitt Bf 109, il moderno aeroplano tedesco divenuto famoso nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Pochi giorni più tardi, il 12 luglio 1937 in località Villanueva de la Cañada in provincia di Madrid, l’ex calciatore jugoslavo cade in una coraggiosa manovra per difendere il comandante Yeremenko dall’attacco di un CR-32, probabilmente con a bordo il miglior pilota nazionalista, Joaquín García Morato anch’esso inserito tra gli Ases con più di 50 abbattimenti.

La lotta contro le ingiustizie e contro i franchisti di Petrovic non si esaurì con la sua morte: suo fratello Dobre appena arrivato in Spagna per fargli visita, apprese la notizia della sua morte e decise di arruolarsi nelle brigate internazionali. Il suo ricordo e il suo esempio sono ancora oggi impressi nel nome di una strada a Belgrado, Novi Sad e Ivanjica, ma soprattutto in una targa commemorativa presso lo stadio del Partizan. Non conosciamo cosa vi è scritto sulla targa, ma se fossimo stati noi a decidere cosa incedervi avremmo scelto questo verso:

madres atravesadas por la angustia y la muerte,

mirad el corazón del noble día que nace,

y sabed que vuestros muertos sonríen desde la tierra

levantando los puños sobre el trigo.

(P. Neruda – Canto a las madres de los milicianos muertos)

 

 

Fonti:

http://www.marca.com/futbol/2017/03/31/58dd782f468aebb82f8b45ef.html

http://desdelagalera.blogspot.it/2012/12/bozidar-bosko-petrovic-cuando-los.html?m=1

http://revistabalcanes.com/albaneses-y-yugoslavos-en-la-guerra-civil-espanola/

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