Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

Andrea Luci, alla fine sarà acciaio.

Ti squaglia l’anima quel calore soffocante, ti mangia dentro. È un calore troppo forte per fermarsi all’altoforno della Lucchini, alla Torre del sale o a Piazza Bovio. Ti entra dentro e ti accompagna tutta la vita, anche lontanissimo da Piombino ogni tanto arriva una lingua di fuoco e ti ustiona.
15 ottobre 1967, è domenica. Allo Stadio Comunale di Torino il Toro di Meroni sfida la Sampdoria. Questa è solo un’anticamera del racconto della nostra storia, ma è fondamentale per capire le ustioni che ti lascia Piombino.
Combin, Francesconi, Combin, Vieri, Moschino e ancora Combin. Torino quattro Sampdoria due.
Aldo Agroppi, toscanaccio di Piombino, esordisce dal primo minuto in maglia granata.
Gigi Meroni, eroe del Comunale, morirà quella sera a 24 anni.
Ti brucia dentro e ti ustiona, con cicatrici che ti porti dentro per tutta la vita.
Il 30 marzo 1985 a Piombino nasce Andrea Luci.
Non si tratta di un volo pindarico: quel pomeriggio di fine marzo in via Forlanini all’ospedale di Piombino c’era anche Aldo Agroppi. Nasceva suo nipote Andrea.
Quando cresci con uno zio che ti racconta dei 90 minuti passati sullo stesso campo di Meroni non puoi far altro che prendere un pallone tra i piedi e giocare. In questo caso particolare pure bene.
Dopo svariati anni nel Salivoli, formazione piombinese, a 11 anni Andrea si trasferisce a Firenze e veste la maglia viola fino al 2002, quando con una presumibile disperazione dello zio Aldo arriva la notizia che ti cambia la vita: la Juve ti cerca. Tanta gavetta tra i ragazzetti bianconeri e poi è l’ora di diventare grandi. Sassari, Pescara e Ascoli sono le tre piazze che vedono sbocciare il talento del centrocampista piombinese. A 21 anni viene acquistato alle buste dopo un’esperienza in prestito proprio dalla società marchigiana che lo vedrà protagonista di tre anni eccezionali: 104 presenze in Serie B, 7 in Coppa e 4 goal.
Meravigliosa Piazza del Popolo, ci mancherebbe, ma ora si torna a casa. O quasi.

Andrea Luci festeggia la promozione in Serie A con il Livorno.

Luci festeggia la promozione in Serie A con il Livorno.

Nel 2010 viene acquistato a titolo definitivo dal Livorno, a due passi dalla sua Piombino, e dopo una stagione al top diventa subito una delle fondamenta di quella squadra e un beniamino di una piazza dove l’animo operaio forse conta anche più che vincere. Piombino, in queste cose, ti agevola.
Stadio Bentegodi di Verona, Hellas Verona-Livorno. Dopo i cori dei tifosi gialloblu oltraggianti la memoria di Piermario Morosini l’aria è tesissima. Luca Mazzoni, portiere livornese e del Livorno, presente in tribuna per squalifica verrà aggredito da alcuni tifosi veronesi, Alfred Duncan sarà oggetto di “buu” razzisti. E Luci? Dopo i cori su Morosini nella gara di andata non aveva usato molti giri di parole proponendo la radiazione per la squadra veneta, adesso invece è lì con il pugno chiuso. Punho fechado, come direbbe un certo Dottore dalle parti di San Paolo. Non li guarda neanche quei tifosi che inveiscono contro di lui, volta le spalle e cammina verso la panchina. Prende il giacchetto ed un meraviglioso pugno sinistro si schiude in cielo. Quel pugno sinistro chiuso è un qualcosa di inaspettato, insperato e bellissimo. Quel pugno sinistro chiuso è il gesto giusto al momento giusto, e va goduto in ogni singolo centimetro.
Basta conoscere un minimo l’animo livornese per capire che questo gesto dalle parti dell’Ardenza non ha lasciato indifferenti: da quel momento Andrea Luci è stato Livorno, e Livorno sarà per sempre Andrea Luci.
Il fuoco delle acciaierie però torna a bruciarti quando meno te lo aspetti, e soprattutto nel punto dove fa più male.
Nel 2013 al figlio di sei anni viene diagnosticata la fibrodisplasia ossificante progressiva, malattia genetica che colpisce un bambino su due milioni.
Alla notizia partì una gara di solidarietà in tutta Italia per finanziare la ricerca contro la FOP.
Livorno, come da promessa, in prima fila.
Fa male, ma Piombino è operaia ed è abituata al fuoco, al calore e alle scottature. Alla fine la lega di ferro e carbonio diventerà acciaio e non importerà quanto tu ti sia bruciato.
“Insieme a te Capitano per la più grande delle battaglie”.

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