Minuto Settantotto

gente che si commuove con il diario di Bobby Sands e il gol di Sparwasser

22 giugno 1974: quando la Trabant vinse ad Amburgo.

Il primo a capirlo fu Hottges, l’ultimo Sparwasser. In mezzo ci sono Vogts e Sepp Maier, due nazioni e qualche mattoncino di un muro che iniziò a scricchiolare.
Nel 1974, ad Amburgo, si gioca un mondiale. Nel “gruppo 1” ci sono l’Australia, il Cile di Pinochet, la Germania Ovest padrone di casa e “l’altra Germania”, come direbbe il padre democristiano di Francesco Piccolo. Lo volle il sorteggio, lo volle il dio del calcio. Le due Germanie, sorelle divise da un muro, si sarebbero sfidate il 22 giugno 1974. O meglio, la Germania Ovest avrebbe avuto l’occasione di ribadire al mondo che una Trabant nuova di zecca non valeva nemmeno una ruota di una Mercedes da buttar via, che la Coca-Cola era il futuro, che Gerd Muller, Beckenbauer e compagnia erano una delle squadre più forti del mondo.
Avevano ragione più o meno su tutto, fino al minuto ’78. Fino a quando, come disse qualche anno prima un certo Karl, i proletari di tutto il mondo si unirono. Questa unione, questa fratellanza che va al di là di dittatori, polizie segrete e campi di rieducazione, avvenne nel piede destro di Jurgen Sparwasser, mezzala del Magdeburgo e in campo quella sera con la maglietta blu e la scritta DDR sul cuore.
Franz Beckenbauer of West GermanyIn questo momento inizia una storia nella storia, quella che inizia da Hamann e finisce con la rete gonfiata, con l’unione dei proletari, dei disgraziati e dei poveracci di tutto il mondo.
Dai piedi del giovane Hamann (appena entrato al posto di Irmscher) parte un lancio che dura un’eternità, fino all’allunaggio sui piedi del giovane Sparwasser, che adesso ha carta e penna: scrivi la Storia, Jurgen.
Come abbiamo già detto lo capì per primo Hottges, che si arrese alla vittoria di Davide contro Golia. Hottges si lasciò cadere per terra, in ginocchio, e si limitò a guardare. Ci provarono invece Vogts e Sepp Maier, che si misero davanti a Jurgen come se fossero un muro. Cadde quel muro e tempo dopo ne cadde un altro: in questa storia uno si sbriciola, quello di Vogts e Maier, l’altro scricchiolerà; ogni cosa a suo tempo.
Goal.
Germania Est 1-0 Germania Ovest, l’hanno capito tutti tranne quel ragazzino in maglia blu che capisce soltanto di aver fatto goal, non ancora di essere un eroe.
Beckenbauer passerà tutto il resto della partita ad urlare ai compagni di squadra che non era successo niente, che c’era tempo per recuperare. Alla fin fine aveva ragione, la Germania Ovest e Beckenbauer quel mondiale lo vinceranno, la Coca-Cola spopolerà in tutto il mondo, la Mercedes sarà un’elite nel campo automobilistico e tempo dopo Sparwasser scapperà dalla Germania Est per rifugiarsi in Germania Ovest, il tempo per recuperare c’è effettivamente stato, ma qualcosa era indubbiamente successo. Quel tiro non era un tiro per la Germania Est, per l’Unione Sovietica o per un concetto di comunismo, quel tiro era per la gente, per i proletari e per chi amava il proletariato.
Capelli spettinati, faccia da ragazzino, maglietta blu con DDR altezza cuore e una nazione sulle spalle. Questo è Jürgen Sparwasser, il ragazzo che spiegò al mondo che un calcio ad un pallone significa più di un calcio ad un pallone: un calcio ad un pallone, se lo tira Sparwasser, significa che certe volte nella vita vince anche chi viaggia con la “Trabbi”, chi beve Club Cola, chi fuma Juwel e chi si lava con lo Spree.

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